Vince il Pd!

Il colosso dai piedi di argilla

Il presidente del Consiglio ha guardato al risultato elettorale come ad una partita vincente della Fiorentina ed ha gongolato soddisfatto "due a zero". Pur condividendo la passione calcistica di Renzi, staremmo attenti a sovrapporre i risultati della nostra squadra con quelli elettorali. In questo caso è difficile pensare che in Emilia Romagna il Pd abbia conseguito una vittoria conquistando poco più di 500 mila voti su oltre 4 milioni di elettori. Sarebbe il primo caso nella storia di quella Regione in cui il primo partito raggiungesse il 12,5% dei consensi dell’elettorato reale. Il partito di Renzi più che aver superato i suffragi del vecchio Pci sembra aver raggiunto il Psi di Craxi. E’ l’elettorato emiliano romagnolo stufo della vita politica a farlo sembrare un colosso. Ma un colosso fondato sul 12 per cento del voto reale, ha i piedi di argilla. La fortuna di Renzi è che l’alternativa in Emilia Romagna è persino meno credibile di un governo regionale screditato fino al midollo. E come dar torto ai cittadini dell’Emilia Romagna? Con tutti i partiti storici ed i loro militanti a far la corsa per salire sul carro del governo, mica potevano ridursi a dar la maggioranza alla Lega o Forza Italia. A Parma si sono spinti fino al sostegno al Movimento 5 stelle, basta ed avanza. Meglio per il Pd la situazione in Calabria, intanto perché il voto un po’ più partecipato, ha espresso un cambiamento e in quella Regione, un successo del principale partito di sinistra è sempre controtendenza. Si apre un’occasione di buon governo che non bisogna fallire, quando in Emilia Romagna solo una minoranza sembra sperare in un qualche miglioramento. Il 60 per cento, invece, si è già rassegnato. Per un premier che vuole dare una scossa salutare al Paese è un brutto segno vedere l’astensione così alta, solo che a dir la verità non ci sembra che Renzi sia preoccupato di come riuscire a creare partecipazione ed entusiasmo intorno a se, piuttosto sembra preoccuparsi solo di gestire il consenso residuo. La legge elettorale che vorrebbe approntare consente ad una forza che ottiene il 37 per cento di ottenere il 70% dei seggi, e con un’astensione tanto alta il 37% dei consensi, rischia di essere meno del venti per cento dell’elettorato reale. Anche in America del nord il corpo elettorale è spesso ridotto, ma l’America del nord non è propriamente paragonabile al nostro modello politico istituzionale. Ad esempio, sostenere che il presidente Kennedy, che iniziò la guerra in Vietnam, e cercò di invadere Cuba, fosse un uomo di sinistra, non ha senso per chi viveva dall’altra parte dell’oceano Atlantico. Di sinistra, su queste coste, lo era sicuramente Enrico Berlinguer, il quale però sosteneva una tesi considerevole, per la quale un paese complesso come l’Italia non si governa nemmeno con il 51% dei voti. Berlinguer rappresentava l'ultimo passaggio della trasformazione democratica di una sinistra rivoluzionaria ed autoritaria che si era originata in Russia sessanta anni prima chiudendo il Parlamento legittimo e governando il paese con un partito strutturato militarmente. Curioso che Renzi non si accorga, che se vuole reggere un paese con solo il 20% del consenso, non serve la Leopolda, serve l’esercito.

Roma, 24 novembre 2014